È stato proprio un colpo di fulmine quello con il Somatic Experiencing di Peter Levine.
Un colpo di fulmine che mi ha fatto eseguire il bonifico per l’introduzione alla formazione triennale in meno di 1 minuto. La conferma di aver speso correttamente quei soldi è stata la frase inziale:
“ il trauma non è nell’evento, ma nel sistema nervoso”
Ecco, dopo vari percorsi di studio, mi ero resa conto che c’era qualcosa che mi mancava.
Sicuramente, con tante tecniche, è possibile avere accesso al sistema nervoso.
Anzi, è sempre disponibile a voler sentirsi meglio.
Con il tocco, la presenza ed Emiliano Toso come sottofondo musicale, il sistema nervoso parasimpatico decide spesso di voler farsi un viaggio insieme a me.
Ma ho incontrato anche dei sistemi che quando si rilassano sentono pericolo, quando propongo un trattamento corporeo ancora di più.
Così quando ho iniziato a sperimentare il Somatic Experiencing su di me, ho capito che è una tecnica preziosa per determinate situazioni e ho sentito che con facilità era arrivato in profondità dentro di me.
Per poi aver elaborato con grande luminosità e spontaneità dei temi importanti della mia vita.
Ma come funziona quindi?
Il SE offre una struttura per valutare dove una persona è “bloccata” nelle risposte di lotta, fuga o congelamento e fornisce strumenti per la risoluzione di questi stati fisiologici.
Concentrandosi solamente sulle percezioni, insieme all’operatore, abbiamo accesso ad una parte del cervello che ha in memoria le sensazioni fisiche del trauma.
Il trauma è qualsiasi situazione che sia stata percepita come minacciosa, durante la quale non siamo stati in grado di proteggerci o difenderci con successo.
Tutto ciò che è stato troppo per noi, o che si è verificato troppo velocemente e ci ha impedito di integrare fisiologicamente, emotivamente o di rispondere in modo appropriato.
Ecco perché ho deciso di continuare a studiarlo e ad utilizzarlo molto spesso nel mio lavoro.